Arte Cultura 

Gli dei nel mondo antico, giornata di studi Unige

dei diraas

Domani, martedì 7 giugno 2016, presso l’aula magna di via Balbi 2,La rappresentazione degli dei nel mondo antico“, giornata internazionale di studi di antopologia dell’immagine a cura di Elisabetta Villari (Diraas)

PROGRAMMA

Saluti del Magnifico Rettore e Direttore di Dipartimento

h . 9 30 Presentazione Elisabetta VILLARI (UNIGE)
Nella cultura antica anche per i poeti e gli artisti successivi la rappresentazione omerica resta il punto di riferimento e dal VIII secolo cominciano ad apparire rappresentazioni originali degli dei, in primo luogo nella pittura vascolare con scene mitologiche. Il seminario si propone di esaminare alcune iconografie di origine omerica e la loro fortuna

h 10 David BOUVIER (UNIL) Rappresentare gli dei: un potere divino

h 11 Ezio PELLIZER (UNI TRIESTE) Immaginare i dàimones: il singolare caso di Ate

h 12 Giuseppe LENTINI (LA SAPIENZA UNI ROMA) Il “migliore degli Achei” e la rappresentazione degli dèi in Omero

Pomeriggio martedì 7 giugno Presiede David BOUVIER
IN DIALOGO CON IL LIBRO di MAURIZIO BETTINI Dèi e uomini nella Città. Antropologia, religione e cultura nella Roma antica, Carocci ed. 2015

H 14 Maurizio BETTINI (UNISI) L’identità distribuita degli antichi dèi

h 15 Francesca PRESCENDI (UNI GINEVRA) A proposito degli dei medioxumi: riflessioni sulla rappresentazione degli dei nello spazio

h 16 Micol PERFIGLI (UNISI) Epifanie divine. I sensi e la percezione della divinità. Tra report leggendari e poesia.

TAVOLA ROTONDA – Chiusura dei lavori e conclusione

Visita mostra Canova a Palazzo Reale iscrizione obbligatoria
contatto segreteria organizzativa Anna Rita Punzo: tanit1980@yahoo.it

dei diraas

Le metamorfosi degli antichi dei

Le immagini degli dei greci e poi di quelli romani ci appaiono essere icone stranamente familiari se pensiamo ad esempio ai nomi di Zeus, Hera, Dioniso, Afrodite, Atena, Artemide sistematicamente tradotti in Giove, Giunone, Bacco, Venere, Minerva, Diana e via dicendo. Le loro rappresentazioni hanno subito infinite metamorfosi, attraversando i secoli grazie alle interpretazioni degli artisti e si sono trasformate sino a diventare delle forme puramente allegoriche. Ma la fortuna delle immagini degli dei “pagani”, la vita “postuma” di queste forme, la loro sopravvivenza, il Nachleben con l’espressione warburghiana, si è separata inesorabilmente per sempre dai riti, le feste, i culti e dai processi culturali che ne facevano una parte centrale e viva della società antica. Il tema del convegno è proprio di cercare di capire l’origine di queste “immagini” degli dei, in Grecia prima e poi a Roma, nella loro relazione con i miti, i testi e i culti al momento stesso della loro nascita e della loro “mise en figure” in una determinata società, in un determinato territorio in cui il loro culto era praticato.

Il Politeismo antico

È necessario porsi in una prospettiva antropologica e ripensare una società politeista. Se vogliamo cercare di capire che tipo di linguaggio è il politeismo, è indispensabile tenere conto delle relazioni che si sviluppano tra i poteri divini: è su questo punto fondamentale che l’insegnamento di J.-P.Vernant sulla “società degli dei”, rimane fruttuoso (Vernant 1966, ripubblicato In mito e società nel 1974) per illustrare con esempi concreti del fatto che il politeismo non si riduce solo a una “pluralità di dèi”, come spesso si pensa. Per fare questo sforzo di comprensione, si devono mettere in discussione alcuni aspetti della configurazione della sovranità divina nella Grecia antica, vale a dire i rapporti ricorrenti tra divinità che esprimono insieme, in termini plurali e di relazioni, una certa rappresentazione del potere e la sua distribuzione.

Cosa serve studiare gli antichi?

Noi viviamo in una società che si considera moderna e “democratica” che si è creduta laica o che aspira a una laicità e che pensava avere scacciato, come tutti quegli idoli pagani che pure erano sopravvissuti e avevano trovato una seconda vita nel cristianesimo anche quelli cristiani e con essi anche tutti i fantasmi dell’irrazionale. Ma, in questa società europea “moderna”, tre monoteismi spesso rigidi ed esclusivi si incontrano e si scontrano continuamente e su tutti piani a partire dal quotidiano: le regole alimentari, il modo di vestirsi, il calendario, le feste, sino al nostro rapporto con le immagini e stiamo andando forse verso una società che vorrei chiamare con un neologismo ironico “poli-mono-teista”. In nome della laicità oggi si devono creare in continuazione dispositivi di convivenza fra i tre monoteismi in una società che sembra tollerare sempre meno gli dei degli “altri”, e tanto meno le loro immagini e le regole imposte su tutti i piani della vita. I monoteismi moderni sono e sono rappresentati, oggi più che mai, come rigidamente esclusivi: il loro dio, come si dice nell’Esodo, “è un dio geloso” e non tollera rivali (Jan Assmann, il monoteismo come violenza). Da qui l’intolleranza religiosa, la demonizzazione delle divinità degli altri e dunque di chi le venera: un atteggiamento che sostanzialmente era estraneo alla forma mentis di Greci e Romani (René Girard, La violenza e il sacro).

Dal punto di vista dell’antropologia dell’immagine, quindi soprattutto delle rappresentazioni degli dei e delle loro immagini, tutti i monoteismi hanno sempre o hanno avuto problemi e interdizioni pesanti rispetto alle rappresentazioni dell’unico dio, nel mondo cristiano abbiamo visto l’iconoclasma bizantino e poi quello protestante, l’”aniconismo” nell’ebraismo, nell’islam, il monoteismo più recente e in teoria più “inclusivo”, abbiamo recentemente assistito alle derive più violente. Ci sembra quindi di grande utilità confrontarci con i dispositivi che nelle società antiche permettevano il dialogo fra culture e religioni diverse, la tolleranza e l’integrazione degli dei stranieri, la creazione e la circolazione delle loro immagini. Questo è uno di quei casi in cui la domanda a che serve studiare l’antichità ? ci riserva delle sorprendenti risposte.

Graecia capta

La giornata di studio internazionale è divisa in due sessioni e cerca di articolare molte questioni: come si è iniziato a fabbricare gli dei e le loro immagini nel mondo greco? come è organizzato il mondo degli dei? La mattina è dedicata alla Grecia la rappresentazione omerica resta il punto di riferimento per i poeti e gli artisti successivi e dal VIII secolo cominciano ad apparire rappresentazioni originali degli dei, in primo luogo nella pittura vascolare con scene mitologiche: David Bouvier (UniL) ci presenterà un problema di fondo per capire il pantheon greco “Rappresentare gli dei un potere divino”: Giuseppe Lentini (La Sapienza) e Ezio Pellizer (Università di Trieste) parladoci dei daimones ci aiuteranno a esaminare alcuni casi di iconografie di origine omerica e la loro fortuna.

Il pomeriggio è interamente dedicato al dialogo con Maurizio Bettini: Micol Perfigli e Francesca Prescendi si pongono i problemi come i romani hanno accolto gli dei greci, e che cosa ne hanno fatto? Come i Greci integrati al mondo romano hanno accolto i Romani e i loro dèi? Cosa è successo quando gli dei dei Romani preso in prestito il nome, epiclesi, le forme, i rituali degli dei greci, e viceversa?.

È possibile dunque attingere oggi alle risorse del politeismo per rendere più agevoli e sereni i rapporti fra le varie religioni o per lo meno per formare il nostro pensiero, il giudizio, le risposte sulla base di una salutare distanza critica? Queste sono questioni che si è posto Maurizio Bettini, uno dei protagonisti di questo incontro (insegna Antropologia del Mondo antico all’Università di Siena, dove ha fondato, con altri studiosi, il Centro “Antropologia e Mondo antico”, di cui è direttore), autore dell’ Elogio del politeismo, Il dio elegante Vertumno, Uomini e dei nella città antica. Il politeismo antico sapeva far corrispondere fra loro dèi e dèe appartenenti a culture diverse, e perfino accogliere nel proprio pantheon divinità straniere. Bettini sottolinea come in realtà a Roma, perché a un dio venisse concessa la “cittadinanza”, fosse necessaria una ratifica ufficiale. C’era infatti la precisa consapevolezza, per dirla con Varrone, che dev’essere la civitas a creare i culti.

Elisabetta Villari (Diraas) insegna Storia e Antropologia del mondo antico e Antropologia dell’immagine del mondo greco all’Univ. degli Studi di Genova. Dopo aver ultimato in Italia una formazione classica e conseguito un Dottorato in Storia Greca a Roma nel 1993 è stata invitata come visiting professor all’ENS a Parigi nel 1996/7 e all’Univ. di California Santacruz (1999) per integrare un gruppo di antropologi (J. Clifford). Ha tenuto corsi e seminari come Directeur d’etudes Invitè all’EPHE sez V(2000) e ha vinto una borsa per un progetto all’INHA a Parigi (2001), ha tenuto seminari e master all’EHESS (2006/7-2007/8), conferenze in molte università, ha partecipato a molti convegni internazionali (Quebec, San Francisco, Exeter, Parigi, Madrid etc). Pubblica su riviste italiane e straniere e dal 2005 ha organizzato una serie di convegni internazionali le Giornate Warburghiane in collaborazione con istituzioni italiane e straniere: Aby Warburg Antropologo dell’immagine (ed Carocci 2014) con l’Univ. di Siena e il Centro Warburg Italia; Il corpo e la musica (Brepols 2011) con la Sorbonne Paris IV; Immagini nel tempo e tempi nell’immagine (2007) con l’Univ. di Milano; L’Histoire d’Alexandre le Grand dans les tapisseries Doria Pamphilj (ed Brepols 2014) con il Museo del Petit Palais e il Palazzo Doria Pamphilj, Il paesaggio e il sacro, Genova 2014. Le sue principali linee di ricerca: teoria e storia della storiografia, antropologia del mondo classico, antropologia dell’immagine .

Related posts